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Difendiamo le nostre transumanze

Come ormai tutti sappiamo, l’11 dicembre 2019 il Comitato del patrimonio mondiale dell’Unesco, riunitosi in quella data a Bogotà, ha proclamato la transumanza Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità, riconoscendo il valore di questa ancestrale pratica sulla base di una candidatura transnazionale presentata da Italia, Austria e Grecia.

La transumanza, con i milioni di persone che ne sono direttamente implicate, ha giustamente destato l’interesse di più enti nazionali e mondiali, sia per il suo valore culturale (da cui l’interesse di Unesco), che per le importanti ricadute concrete sia sul fronte ambientale e climatico che sul fronte alimentare, sociale ed occupazionale. E qui troviamo l’interesse diretto della Fao, con i suoi studi e progetti ideati ad hoc per incentivare nella fascia mediterranea, da ambo i lati del mare che separa Europa da Africa, l’allevamento dei piccoli ruminanti come “salvezza” per popoli ed ecosistemi.

Specialmente in quelle fasce climatiche e geografiche dove ancora oggi sopravvivono comunità (e di fatto culture e popolazioni intere) arretrate economicamente e in parte ancora legate a sistemi tradizionali di vita, è dimostrato quanto queste realtà sociali siano strettamente legate alla pastorizia vagante e quindi alle transumanze, per garantire il fabbisogno nutritivo minimo per la loro stessa sopravvivenza alimentare.

Pastori e custodi

Qualche anno dopo l’importante riconoscimento della transumanza da parte dell’Unesco, la Fao si è spesa nuovamente per evidenziare a tinte decise (e sotto certi aspetti allarmate) l’importanza globale del settore pastorale e del suo metodo tradizionale di gestione. L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura ha infatti pubblicato un suo documento (di oltre 60 pagine) accurato, preciso, ricco di spunti, raccomandazioni ed idee, dal titolo: “Making way: developing national legal and policy frameworks for pastoral mobility” (“Fare strada: sviluppare quadri giuridici e politici nazionali per la mobilità pastorale”), da cui si evince chiaramente l’importanza delle comunità pastorali, al giorno d’oggi più che mai, per il loro ruolo di “custodi” degli ambienti naturali e delle tradizioni culturali, e su come andrebbero tutelate garantendo loro tutta la mobilità indispensabile per poter esercitare il loro servizio per la globalità ed al contempo mantenersi vive e vitali, anche in termini economici e lavorativi, sia per preservare e/o recuperare ambienti e fasce climatiche nella loro completezza ecosistemica, sia per preservare e tramandare un know-how prezioso per il genere umano tutto, da nord a sud, dai deserti caldi a quelli freddi.

Antica e ubiquitaria

Scorrendo le pagine del documento della Fao, si trovano riferimenti precisi ai vari ambienti in cui, ancora oggi, le più svariate transumanze hanno luogo. Manca purtroppo un accenno diretto all’Italia (uno dei tre Stati che hanno presentato la candidatura), ma trovano spazio Spagna, Francia, Grecia,

Mongolia, fino ad alcune regioni della parte sud del continente africano. Sarà una mia ipersensibilità all’argomento, o una banale svista di impaginazione, però è così. Se volessimo pensar male, potremmo interpretare questa assenza dall’indice del documento come l’ennesimo caso in cui le associazioni di settore, i politici e i tecnici si sono dimenticati di promuovere il made in Italy e proteggere le nostre transumanze per via della valanga di emergenze che ci stanno funestando in questi anni… chi lo sa! È veramente strano, però, questo fatto, e messo assieme al dato concreto che altri Paesi (che si stanno ancora inserendo nel “progettone” transumanze) sono attente ed attivi sul tema, lascia l’amaro in bocca. Un esempio? In un articolo de “Il Capoluogo d’Abruzzo” del 13 marzo 2022 leggiamo: “La Transumanza sbarca a Parigi, pecore e carri di bovini lungo gli Champs Élysées” e ancora “Greggi in centro città. Nell’ambito del progetto Parcovie 2030”.

Altre iniziative

A quanto pare nella seconda fase del progetto Unesco sulla transumanza entreranno nel novero dei Paesi coinvolti anche Albania, Andorra, Croazia, Francia, Lussemburgo, Romania e Spagna, e che una terza fase coinvolgerà, tra gli altri, anche Germania, India, Marocco, Mongolia, Senegal ed altre nazioni.

Sotto l’egida della Fao, tutti questi Stati stanno organizzando per il 2026 “l’Anno Mondiale dei Pascoli e dei Pastori”. Con i ministeri della Cultura dei Paesi europei, intanto, è stato avviato il lavoro di progettazione per candidare le vie della transumanza a “Patrimonio Culturale dei Cammini” presso il Consiglio d’Europa.

Sembra siano state individuate le linee guida primarie per la cooperazione europea nel progetto Parcovie 2030, con una possibile candidatura materiale dei tratturi meridionali che verrà discussa a Roma, in una riunione tecnica coordinata da CRAMM-Geaco Italia, Francia e Spagna.

Francia e Spagna

La Francia – da quest’anno – e la Spagna – che da sempre organizza ogni anno per le vie di Madrid la sua transumanza “nazionale” – stanno fattivamente dando valore, visibilità e “spazi normativi” per far conoscere l’importanza della transumanza come fattore di conservazione della biodiversità grazie alla salvaguardia delle loro razze autoctone, contrariamente purtroppo al solito approccio esterofilo italiano; eppure in Italia di razze ne abbiamo letteralmente “da vendere” e sono in assoluto fondamentali per la conservazione della biodiversità e per la tutela ambientale, nonché eccellenti per le qualità organolettiche dei loro prodotti. Aggiungiamo a questo che la gestione “tradizionale” degli armenti svolge quei servizi sistemici ed ecologici per la collettività e garantisce elevati standard di benessere animale e di qualità del prodotto agro-alimentare.

Ovviamente anche questa volta a noi allevatori italiani tocca fare un mea culpa collegiale: non avendo mai creato né unità né sinergia di intenti, siamo alla mercé delle catastrofi climatiche (dagli allagamenti di qualche anno fa, alle siccità degli ultimi mesi) che, stagione dopo stagione, in aggiunta agli eventi emergenziali (Covid 19, crisi energetiche, guerra in Ucraina), ci mettono sul lastrico.

Un bene da tutelare

Cito direttamente dal sito dei Beni Culturali (https://www.unesco.beniculturali.it/projects/transumanza/): “La transumanza, il movimento stagionale del bestiame lungo le rotte migratorie nel Mediterraneo e nelle Alpi, è una forma di pastorizia. Ogni anno in primavera e in autunno, migliaia di animali sono guidati, dall’alba al tramonto, da gruppi di pastori insieme ai loro cani e cavalli lungo percorsi costanti tra due regioni geografiche e climatiche. In molti casi, anche le famiglie dei pastori viaggiano con il bestiame. Si possono distinguere due grandi tipi di transumanza: transumanza orizzontale, in regioni piane o pianeggianti, e transumanza verticale, tipicamente nelle regioni montane.

La transumanza modella le relazioni tra persone, animali ed ecosistemi. Implica rituali e pratiche sociali condivisi, prendersi cura e allevare animali, gestire terreni, foreste e risorse idriche e affrontare i pericoli naturali. I pastori transumanti hanno una conoscenza approfondita dell’ambiente, dell’equilibrio ecologico e dei cambiamenti climatici, in quanto si tratta di uno dei metodi di allevamento più sostenibili ed efficienti. Possiedono inoltre competenze speciali relative a tutti i tipi di artigianato e produzione alimentare coinvolti. Le festività durante la primavera e l’autunno segnano l’inizio e la fine della transumanza, quando i portatori condividono cibo, rituali e storie e introducono le generazioni più giovani alla pratica. I pastori trasmettono il loro specifico know-how alle giovani generazioni attraverso attività quotidiane, garantendo la continuità della pratica”.

Come abbiamo visto, l’argomento transumanza in sé è parecchio gettonato a livello internazionale, ed a ben vedere di motivazioni ce ne sono a bizzeffe; vedremo nel prossimo articolo come questo importante tema è stato fino ad oggi affrontato e gestito in Italia, e cercheremo di analizzare brevemente le criticità tutte italiane per capire cosa è possibile sperare che cambi in positivo per sostenere le nostre transumanze e le persone che le rendono ancora, potenzialmente, vive e vitali.

Articolo pubblicato sulla rivista Allevatori Top n. 04 di aprile 2022.

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Published inAllevatori TopBoviniOviniOvinicolturaZootecnia

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