Riprendiamo con questo articolo l’analisi e il commento del documento Ispra sulla gestione degli orsi. Eravamo rimasti a pagina 10: “Questi orsi divenuti confidenti, avvicinandosi o addirittura entrando di giorno nei centri abitati e non manifestando reazioni di fuga nei confronti delle persone…”. Anche in questo passaggio si legge tra le righe che il problema sono gli umani con il loro inadeguato allarmismo, e non il numero troppo elevato di orsi nelle zone abitate.
Trovo grottesco puntare il dito verso la paura e preoccupazione degli umani; così si stravolge l’ordine tradizionale delle cose nel rapporto tra uomo ed animale. Gli orsi, invece di aver timore dell’uomo, lo intimoriscono anche “entrandogli in casa” fisicamente. Più di un pollaio, stalla e cantina sono stati violati e messi a soqquadro dagli orsi, con un concreto rischio anche per i proprietari delle strutture o per i loro dipendenti i quali o non erano presenti al momento, o sono riusciti fortunatamente a guadagnare una via di fuga, evitando le ire dei pericolosi plantigradi disturbati durante il loro “giusto pasto”.
Il vuoto intorno
Il dito indice viene dunque puntato contro l’umano e viene palesemente sottolineato il fatto che nel momento in cui queste notizie dovessero giungere in quantità sufficiente alla ribalta mediatica, sarebbe poi un vero problema perchè un avvenimento simile “può portare ad accentuare i conflitti sociali e a maggiori difficoltà di gestione”. Temo che la gestione di cui parla il documento Ispra sia quella somministrata a suon di progetti e consulenze dai vari enti a favore dei grandi predatori.
Per l’Ispra la soluzione è semplice: l’eliminazione di tutte le fonti di cibo di origine antropica. Praticamente oltre all’installazione di cassonetti anti-orso (vorremmo sapere a spese di chi), l’ente consiglia di fatto di eliminare qualsiasi tipo di attività agro-zootecnica umana dato che gli animali da reddito e d’affezione costituiscono una “pericolosa tentazione” per i grandi predatori. Con un’azione del genere, che peraltro si sta concretizzando da almeno un decennio per la disperazione degli allevatori lasciati in pasto al selvatico, l’immediato effetto di abbandono del territorio causerà dissesto idrogeologico e proliferazione smodata di quell’ambiente degradato costituito dagli incolti in abbandono.
Il primo feedback che madre Natura ci sta già dando in questo scenario è un ulteriore proliferare del selvatico in generale, che continuerà a sconfinare nei centri abitati rurali data la confidenza che gli ultimi 30 anni di mala-gestione hanno generato. Basta guardare le notizie di cronaca degli ultimi mesi per avere una verifica tangibile del problema da nord a sud Italia: nutrie che arrivano nei parchi cittadini e mordono i cani, epidemia di cimurro tra le volpi, recrudescenze di rogna portata da caprioli e cinghiali… Come si può vedere la mala-gestione del contesto ambientale rurale comincia a farsi sentire anche nelle periferie dei centri cittadini.
Individui problematici
Ma torniamo agli orsi. Secondo Ispra, una volta eliminati i perniciosi umani, con i loro rifiuti alimentari malgestiti e i loro animali, si può passare a gestire direttamente gli orsi “… tramite azioni reattive su eventuali individui problematici come la dissuasione e, in extremis, la rimozione (tramite captivazione o abbattimento)”.
In questa frase vedo espresso tutto il disordine organizzativo che sembra caratterizzare l’approccio fino ad oggi applicato rispetto ai grandi predatori. Com’è possibile proporre metodi di dissuasione quando nelle pagine precedenti Ispra stesso sottolineava che sono inefficaci e spesso deleteri? Considerato che la normativa Habitat prevede l’abbattimento dei soggetti problematici, che senso ha, allora, proporre prima azioni di rimozione e captivazione per poi giungere all’inevitabile abbattimento? A mio parere si tratta di un tentativo da parte dei “custodi degli orsi” di aggiudicarsi fondi che invece dovrebbero essere destinati ai risarcimenti e agli aiuti economici diretti agli allevatori che hanno sede aziendale e animali in zone dove la presenza dei grandi carnivori è accertata.
Sempre a pagina 11 il documento ci parla di “individui condizionati” e di “condizionamento
alimentare degli orsi”; anche qui, il fenomeno del condizionamento viene presentato come effettivo e presente sulla popolazione ursina italiana, ma viene abbinato solo a ciò che riguarda i cassonetti della spazzatura o ad altri tipi di rifiuti alimentari lasciati incustoditi. Mi chiedo quindi a quale tipo di condizionamento facciano riferimento all’Ispra perchè esso non viene applicato alle predazioni sugli animali da reddito, dove la questione è ancora più problematica. È un problema che un ristoratore abbia un orso affamato nel parcheggio che gli ruba la spazzatura, e questo è agli atti, ma è molto peggio quando l’orso distrugge la fonte di reddito di un’azienda agricola. In entrambi i casi c’è rischio di attacco agli umani, ma in uno dei due casi uno perde anche il reddito.
Distinzione senza senso
Spendiamo due parole per tentare – inutilmente – di interpretare le classificazioni che il documento Ispra ci offre in riferimento agli orsi “potenzialmente pericolosi” e a quelli “ad alto rischio”.
Nel capitolo 1.3 del documento, queste due categorie vengono distinte con un criterio che a me sembra assolutamente arbitrario e controsenso, dato che i redattori ritengono sia necessario distinguere caso per caso se la “colpa” di un attacco ad opera di un orso su un umano, sia di responsabilità dell’umano o dell’orso; in qualsiasi Paese civile, quando un qualsiasi animale attacca un umano quell’animale viene abbattuto, punto. Sembra invece che qui da noi preferiamo inquisire la vittima piuttosto che fermare l’aggressore (riferimento documento Ispra pag. 12). (R.M.)
Come proteggersi?
Il documento prosegue spiegandoci come una corretta informazione e divulgazione, abbinate ad una adeguata formazione, siano la chiave di volta per gestire adeguatamente la problematica. Come dire, una brochure, due volantini, cartelli informativi e il gioco è fatto. Quel che Ispra non riesce a spiegarci è come farà il pastore/allevatore a “non provocare” l’orso che gli sta letteralmente “sbranando” l’azienda e il reddito. Lui – il pastore – come si proteggerà dagli attacchi dell’orso “colto di sorpresa a distanza ravvicinata o in difesa di una carcassa”? Quella carcassa è diventata dell’orso, ma prima era del pastore. L’unica scelta che Ispra lascia agli allevatori è quella di scappare lasciando la loro unica fonte di reddito in bocca ai predatori, mentre magari c’è chi organizza gite a pagamento per vedere impronte e feci di orso.
Ma andiamo avanti: dando notizia che ci sono almeno 19 orsi problematici già catalogati, Ispra ci dice anche che è praticamente impossibile la loro gestione senza “condurre un’analisi approfondita dei singoli orsi”.
Considerando le ingenti spese che ogni team di lavoro prevede per lo studio del singolo caso, sembra sia in atto una vera e propria corsa ai fondi pubblici, mentre gli allevatori chiudono battenti e la “gente di montagna” deve abbandonare il proprio territorio per impossibilità di difendersi. Difficile non vedere in questo approccio la longa manus dei multi-milionari progetti di Re-Wilding Europe.
Stima al ribasso?
Nel capitolo 2 del documento di Ispra (“Previsioni per il futuro”), l’ente indica, con stime predittive e proiezioni numeriche (tradotto, tutti sistemi squisitamente teorici e non frutto di raccolte-dati sul campo), che entro il 2025 ci saranno in Trentino circa 130 orsi adulti; considerando che con lo stesso tipo di stime, i lupofili italiani dicevano che in Italia ci sono circa 2.000 lupi, mentre la realtà che sta venendo a galla con studi scientifici più approfonditi, è che sono oltre 5.000, a me personalmente vengono i brividi.
Oltretutto le loro stesse previsioni sulla percentuale di potenziali orsi problematici all’interno dei 130 teorici, hanno un ampio margine di variazione numerica (da 0 a 15 orsi problematici).Se le stime Ispra sugli orsi sono realistiche come quelle proposte per i lupi, questo è lo scenario che ci troveremo a vedere entro il 2025: circa 260 orsi di cui almeno una trentina pericolosi per l’incolumità dell’uomo. Ditemi voi se questo non è uno scenario allarmante per la sicurezza pubblica.
Articolo pubblicato sulla rivista Allevatori Top n. 04 di maggio 2021.
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