Trovo sia fondamentale riuscire a comprendere da dove arrivano tutte le dinamiche che girano attorno alla gestione dei grandi predatori.
Nel mese di gennaio 2021 Ispra ha pubblicato il tanto atteso documento che dovrà normare a livello nazionale la gestione degli orsi.
Fin dai primi paragrafi del documento Ispra viene palesemente indicato il PacoBace come termine di riferimento per la classificazione di orso “pericoloso o dannoso”, pur ammettendo l’ente che non ci sono parametri oggettivi ed omogenei che permettano tale classificazione senza margine di errore o discrezionalità; di fatto ogni caso viene, e verrà, giudicato a discrezione degli enti locali preposti, senza una omogeneità nazionale. Ciò vuol dire che in Trentino un orso potrà essere valutato “pericoloso” mentre in Abruzzo potrà non esserlo, come se ci fossero differenze tra i danni (ad animali, strutture o persone) tra una regione e l’altra (vedi doc. Ispra pag. 2). Nella descrizione de “Lo stato attuale” vengono riferiti casi di danni particolarmente gravi ad opera di 6 orsi maschi e di M49; in tutti questi casi le misure di prevenzione e/o dissuasione si sono rivelate (per esplicita ammissione di Ispra) “inattuabili o inefficaci nel modificare il comportamento dell’animale”.
L’orso M11, tra il 2012 e il 2013, dimostra non avere il minimo rispetto delle “distanze di sicurezza” né timore dell’uomo, anzi, si fa sprezzante, facendo ben capire a quale escalation si vada incontro con l’aumentare della sua età, dato che nel rapporto stesso gli esperti dell’Ispra evidenziano che i comportamenti confidenti aumentano proporzionalmente con l’anzianità degli orsi. La pagina 5 si conclude dichiarando esplicitamente che pur avendo provocato danni seriali ad apiari e a strutture di contenimento degli ovicaprini, gli orsi che le hanno perpetrate non sono considerati problematici (vedi doc. Ispra pag. 5).
Ma cosa aspettiamo, il morto? Perchè se durante una di queste incursioni ci fosse stato un pastore a custodia degli animali o un apicultore a fare manutenzione alle arnie, la tragedia non sarebbe stata forse inevitabile?
Arrampicarsi sugli specchi
Il documento prosegue con gli esperti Ispra che si cimentano in un esercizio lessicale in cui tentano in sequenza di:
● evidenziare il fatto che dal 2012 le problematiche relative alla prevenzione dei danni da orso si sono esacerbate a causa del “naturale ritorno in Trentino” del lupo, senza però presentare prove a carico di questo fattore;
● devono ammettere che gli “orsi particolarmente dannosi comportino costi di gestione considerevoli” e danni alle proprietà private, ma visto che succede solo nelle zone a bassa densità antropica, sembra quasi non sia un problema (come a dire, se a pagare è il malgaro o pastore di turno va bene così);
● dopo decine di interventi di urgenza (inutili per chi ha subito danni e a loro stessa detta inefficaci), gli esperti Ispra ammettono candidamente che tutti questi sforzi sono serviti solo a spendere denaro, che a mio avviso sarebbe stato invece opportuno utilizzare per aiutare coloro che hanno subito i danni (vedi doc. Ispra pag. 7).
Ma è a pagina 8 che gli esperti Ispra ci lasciano veramente sconcertati: dopo una breve descrizione delle motivazioni che spingerebbero gli orsi a diventare confidenti, e dopo averci detto che degli 11 orsi già classificati come confidenti, 5 sono femmine e 6 sono maschi, giungono alla conclusione che di fatto la colpa è degli esseri umani.
Secondo Ispra la “perdita della naturale paura dell’uomo” è soprattutto una conseguenza del “condizionamento alimentare”, imputando tale degenerazione comportamentale degli orsi ai “cassonetti dell’umido o scarti di ristoranti”, che avrebbero esercitato un “condizionamento alimentare a causa di una gestione dei rifiuti/residui alimentari di ristoranti non adeguata in località con accertata la presenza della specie sul territorio”. Di fatto le poche attività ricettive sono – a parere di Ispra – i veri colpevoli del fenomeno di confidenza da parte degli orsi; il problema, dunque, non è che cosa ci fa l’orso in mezzo al paese (vedi doc. Ispra pag. 8).
Mezzi inefficaci
● Faro: emissione di una potente fonte luminosa indirizzata all’orso;
● Rumori: emissione di rumori ad alto volume, quali ad esempio il clacson della macchina, lo sparo in aria di pallettoni o, attraverso un amplificatore, l’abbaio dei cani, il suono di una sirena, ecc.;
● Pallettoni: sparo di pallettoni in gomma direttamente sull’orso;
● Dardi: impiego di dardi esplodenti scagliati verso l’orso;
● Cani: impiego cani appositamente addestrati per inseguire ed infastidire l’orso.
Desensibilizzazione
Nel capitolo “1.2.a. Le azioni di dissuasione e le attività delle squadre di emergenza” vediamo nuovamente Ispra impegnata nel tentativo di giustificare il proprio operato: nel box qui a fianco vengono riportati fedelmente i “potenti mezzi” con cui gli incaricati alla gestione dell’orso hanno infruttuosamente agito. Tuttavia le spese (ingenti) per un tale dispiegamento di mezzi e personale, un vero e proprio arsenale con tanto di cani “appositamente addestrati per inseguire ed infastidire l’orso”, sono state concrete. Oltretutto proprio nello stesso capitolo del documento Ispra è scritto: “Nonostante la dissuasione non sia prevista dalla normativa per altre categorie di orsi, vari tentativi sono stati effettuati dal Corpo Forestale Trentino anche su orsi che hanno manifestato comportamenti ascrivibili alle categorie 14 e 16 nel tentativo di modificarne il comportamento”.
Come se non bastasse il fatto che la dissuasione non è prevista, nelle pagine precedenti Ispra stessa ammette che i tentativi di modificare il comportamento degli orsi sono risultati inefficaci, e questo è un dato scientifico acclarato anche dagli stessi studi accademici che sono alla base del PacoBace a cui Ispra fa esplicito riferimento.
Di fatto questa overdose di stimoli inefficaci abbinati alla costante presenza umana anch’essa non utile come deterrente per gli orsi, si configura come desensibilizzazione, principio cardine nel sistema di condizionamento animale da Pavlov studiato e canonizzato decine di anni fa. Un domani, quando gli orsi si dovessero imbattere in una comitiva di campeggiatori che fanno festa con torce, fari della macchina e magari musica, dato che gli animali generalizzano gli stimoli e gli impulsi, si troverebbero a proprio agio in mezzo al contesto antropico, che invece dovrebbero naturalmente rifuggire, considerando anche la probabile presenza di cibo e odori invitanti provenienti dalle vivande umane. Ma anche in questo caso, secondo Ispra, la colpa sarà magari dei malvagi umani che stanno campeggiando nella “terra degli orsi” (vedi doc. Ispra pag. 9).
A colpo sicuro
Continuando a parlare della “naturale paura dell’uomo”, vogliamo essere onesti una volta per tutte? La naturale paura dell’uomo è presente negli animali solo dove l’uomo li caccia da generazioni; esempio scientificamente provato sono i lupi dell’isola di Elsmer (Canada) che non temono l’uomo: lassù, non essendoci mai stata forte presenza antropica, non hanno mai subito la caccia da parte degli esseri umani. In base al medesimo principio di condizionamento pavloviano – di cui gli esperti dell’Ispra non sembrano ricordarsi sempre – è facile capire come gli orsi, invece che temere l’uomo, ne cerchino la presenza per trovare nei suoi pressi fonti alimentari perenni senza rischio per la vita, e spesso senza nemmeno dover faticare tanto per averle. È dimostrato che mentre nella caccia alla selvaggina più del 70% dei tentativi va a vuoto, quando mangi a sbafo nei cassonetti, nei pollai o nei greggi, la pancia è piena senza fatica, e “vai a colpo sicuro”. Tutto questo qualunque etologo ve lo potrà confermare, e quindi stupisce che l’approccio di Ispra continui a essere colpevolizzante verso la gente comune (vedi doc. Ispra pag. 10).
Già nelle prime dieci pagine del documento Ispra sembra dunque che l’ente non voglia assumersi responsabilità concrete e semmai tenda a colpevolizzare gli abitanti delle zone rurali e marginali, che sono, di fatto, i primi a pagare il costo economico e logistico per avere il privilegio di pascere gli orsi nei loro terreni con la vita dei loro animali.
Nei prossimi articoli continueremo l’analisi e il commento delle 29 pagine del documento Ispra, scaricabile in formato pdf all’indirizzo web riportato qui a fianco.
Articolo pubblicato sulla rivista Allevatori Top n. 03 di aprile 2021.
Image by vladimircech on Freepik
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