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Canidi

/cà·ni·di/ 
sostantivo maschile plurale

Famiglia di mammiferi carnivori di medie dimensioni, corporatura snella con testa allungata, rinario spazioso e umido, orecchie triangolari (molto spesso erette) e non molto grandi, coda di lunghezza media rivestita di peli, arti lunghi, sono digitigradi provvisti di unghie forti non retrattili, con cinque dita quelli anteriori e quattro quelli posteriori, 42 denti di solito differenziati in incisivi (12), canini possenti (4), premolari (16) e molari (10). Udito e olfatto sono molto sviluppati e sensibili ed hanno grande resistenza fisica. Vivono solitari, a coppie o gregari; hanno abitudini notturne, crepuscolari o diurne. Si cibano di prede vive, carogne e vegetali. Partoriscono da 4 a 9 piccoli, dopo la gestazione che dura 53-64 giorni. Famiglia cosmopolita, abita i più vari ambienti. Rappresentano un gruppo molto omogeneo, 14 generi, che comprendono 36 specie.
Il genere Canis originario del vecchio mondo, nel Pliocene, comprende il cane domestico e diverse specie selvatiche: sciacallo, coyote, lupo e dingo. Tutte, nell’incrocio col cane domestico, danno ibridi fecondi.

Estratto dal Dizionario Treccani

Ne fanno parte, tra gli altri, i cani, i lupi, le volpi, gli sciacalli.
Il sostantivo viene compulsivamente utilizzato dal mainstream mediatico di area lupofila per individuare generici soggetti predatori che così non sono identificabili come lupi, in modo da spostare il peso (percepito) delle predazioni su fantomatici ibridi o cani randagi.

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